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Gettare la fune nel pozzo è metafora di un’ operazione di scandaglio interiore. E ciò che ne tiriamo su con il nostro secchio è ciò che risiede nelle nostre profondità. Guardarsi dentro è un atto di conoscenza, una presa di consapevolezza. Qualsiasi cosa vi si riscontri, non va rimossa: è il nostro presente e da lì bisogna partire.
Possiamo trovarvi malinconia, e questa non deve restare repressa: deve raccontare la sua “storia”, ha qualcosa da dirci su di noi. Essa è il punto di partenza: se lo rimuoviamo rifiutiamo noi stessi. Del resto la malinconia era sentimento caro agli antichi greci: secondo la loro teoria, l’ umore malinconico era considerato lo stato d’ animo creativo per eccellenza: definito anche con l’aggettivo saturnino poiché nell’ antichità agli influssi del pianeta Saturno era attribuita la tendenza alla malinconia così come anche all’ introspezione, alla divagazione fantastica e all’ elucubrazione, tutti atteggiamenti che stanno spesso alla base della creazione artistica. Tale umore è in grado di offrirci punti di vista differenti (“nuove visioni”) schiudendoci squarci sulla quotidianità. Il dolore, la tristezza acuiscono la sensibilità, ci fanno vedere il mondo in modo diverso, ci aprono il cuore verso chi soffre e ci rendono meno aridi.
Oppure in fondo al nostro pozzo possiamo trovare follia: follia è ciò che abbiamo in testa, i nostri pensieri, sogni, aspirazioni, che brulicano… Se li coltiviamo diventano veri (instaurano “un nuovo tenore”), altrimenti sono solo vaneggiamenti se non li liberiamo e mettiamo in atto attraverso una dedizione fedele, fervente e costante (“sacrale ossessione per tempo scandita”).
Solo se ci liberiamo di questi fardelli e sbrogliamo queste matasse interiori possiamo arrivare a essere leggeri e raggiungere l’allegria, che viene dall’ appagamento, dalla realizzazione. È un’ operazione alchemica (come esplicita il penultimo verso) che lascia sul fondo la parte pesante e impura per distillare l’ essenza.
Paradossalmente, solo se immaginiamo per una attimo di annullare il nostro io (con le sue aspirazioni annesse) possiamo arrivare ad affermarlo, con la giusta positività, trovando la forma e il tono della nostra espressione, dando corpo e sostanza a quelle che altrimenti resterebbero davvero soltanto farneticazioni della mente.
(apo)