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È la parabola di un ragazzo e i suoi approcci con l’ altro sesso. Il testo parla di tre donne con nomi di fiori (Margherita, Rosa e Iris) ed è tutto costellato di metafore floreali. Margherita, figura timida e schiva, dalla bellezza semplice, è la donna dell’ incertezza, del dubbio “m’ ama, non m’ ama”: il protagonista non agisce, non coglie il fiore, il quale avvizzisce. Rosa invece è tutt’ altro carattere: sanguigna e prorompente, con lei, per non commettere lo stesso errore, si lancia ma in modo goffo, da inesperto, per cui viene respinto e …si punge. Dopo questo doppio errore, che rischierebbe di scoraggiarlo, a sorpresa arriva Iris, con cui tutto sembra avvenire senza forzature, con un reciproco ascolto e un’ intesa spontanea.
Il testo, pur nella sua delicatezza di fondo, è trapuntato di ironia e leggerezza (v. espressioni come “lei si seccò” o “lei mi piantò”). Per quanto a molte persone appaia pieno di sentimento ed emotività, il brano è nato, per così dire, a tavolino… da un gioco combinatorio sulle frasi “fiore che sfioro/non sfioro”, “fiore che sfiorisce/non sfiorisce”. Prima ancora che d’ amore, esso vuole parlare di come ci poniamo di fronte alle occasioni che ci capitano nella vita: il fiore che sfioriamo o non sfioriamo è appunto metafora delle occasioni che cogliamo o che lasciamo non colte. Solo in un secondo momento è venuta l’ idea di utilizzare dei nomi di donna che fossero anche nomi di fiore, per cui il brano ha acquisito le caratteristiche di una canzone che parla d’ amore. E solo dopo avere elaborato queste situazioni avrò involontariamente riversato nel testo un pò di emotività (vissuta direttamente o osservata) che a chi ascolta pare un elemento così preponderante.
Contributi al testo e consigli determinanti sono stati forniti da Massimo De Pascale e Lucia Larussa.
(apo)