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Al contrario di quanto possa sembrare dal titolo, il brano vuole essere una parodia e una critica di un certo atteggiamento maschile all ’interno dei rapporti di coppia. Se lo si ascolta fino in fondo ci si rende conto infatti che l’ oggetto della critica non è la ragazza (la stronza del titolo) bensì proprio lui, l’ io lirico/narrante: tipico piacione egocentrico che si pone verso la propria compagna quasi come fosse un dio sceso in terra e alla quale dà poi ogni colpa per tutte le cose che non vanno nel rapporto. Lui che quando fa un complimento lo fa solo a metà (“e pensavo vorrei | giurarti anche che sei | quasi tutto per me”; “ciò che provo per te | ahimè, forse è una cosa seria”), che quando ha qualche slancio di generosità o romanticismo poi si pente (“e ce ne andremo via lontano | o magari si sta qua”) o ancora lo fa per mascherare qualche suo desiderio egoistico (tipo portarla sulla luna per poi scoprire che, con immagine surreale, voleva soltanto guardare la partita di calcio da una posizione ottimizzata!!!). E quando lei alla fine, scacciata, va via davvero, lui a quel punto si sente perso perché appunto gli viene meno la figura da tiranneggiare e sulla quale esercitare il proprio potere per sentirsi forte. Per cui la implora di tornare indietro, si dispera e allo stesso tempo si rivolge a lei con un tono pur sempre venato di disprezzo. E in qualche modo cerca di farla sentire in colpa. Quindi sotto sotto continua a fare lo stronzo fino in fondo. Il tutto per essere subito nuovamente pronto a maltrattarla e riprendere il suo ruolo usuale non appena lei accenna a tornare da lui, recidivo e destinato a non redimersi.
Mi è stato detto (a me ignorante rispetto a ciò che concerne l’ universo della malattia) che tale atteggiamento è riconducibile a quello che in linguaggio medico-psicoanalitico viene definito narcisismo patologico. Ma io non amo l’ uso di queste terminologie, per cui continuerò a identificarlo semplicemente come … stronzo! Appunto.
Cantare questo pezzo per me è molto faticoso, perché è tecnicamente difficile da interpretare (sia vocalmente, per tutto il lavoro che comporta a livello di qualità vocali e sia per i molti cambii di tonalità, oltre che di tempo) e richiede una certa carica (eseguito fiacco non rende): implica di calarsi nel ruolo del cinico… è un equivalente del principio del teatro della crudeltà di Antonin Artaud trasportato alla canzone. Mi devo immergere in un personaggio scomodo, antipatico, cattivo, che non mi appartiene… e assumerne su di me la negatività, per esorcizzarla…
È come fosse una catarsi continua. Ci sono parti che faccio pure malvolentieri… E forse il trucco è che ci si deve divertire a farle, per liberarsene; dato che questi elementi sono anche potenziali rischii della nostra personalità, se non della società. Sì, probabilmente è proprio questo il trucco: la catarsi.
(apo)